Quali storie straordinarie ci raccontano le opere d’arte? Perché e come sono state realizzate? Stefano Zago, artista, architetto e storico dell’arte, ci guida attraverso le vite e i periodi storici che hanno prodotto opere celebri e meno note. Lo fa disegnando e invitando i suoi spettatori, esperti e non, a disegnare con lui. In un’atmosfera conviviale e rilassante, esploreremo insieme le immagini e, disegnandole, proveremo a comprenderne il meccanismo.
Programma (PROVVISORIO – gli incontri potranno subire delle variazioni)
orario – i lunedì dalle 20 alle 22:00 Le lezioni saranno registrate e gli iscritti avranno la possibilità di seguire o di rivedere la lezione.
1.lunedì 2 ottobre 2022 – PRIMA LEZIONE GRATUITA Brevissima storia del COLORE (1) – da GOETHE agli IMPRESSIONISTI 2.lunedì 16 ottobre Brevissima storia del COLORE (2) – da KLIMT ai SIMPSON 3.lunedì 23 ottobre Viva i BRUNI! – dalla creatività di BRUNO MUNARI al CINEMA d’ANIMAZIONE di BRUNO BOZZETTO 4.lunedì 30 ottobre Siamo solo noi mostri – DA HYERONIMUS BOSCH agli “YOKAI” GIAPPONESI 5.lunedì 06 novembre OLTRE L’EUROCENTRISMO . Come e perché si disegna “ALTROVE”
tecnica – mista/libera (matite-penne-pastelli a colori-pennarelli-inchiostro di china, quello che più ci piace…) su carta (piccolo formato) o carnet.
livello – base / sia per principianti che per esperti
Quando: lunedì Cadenza: settimanale Orario: dalle 20:00 alle 21:30 Prima lezione: 2 ottobre 2023 Numero di lezioni: 5 lezioni (la prima è gratuita)
Contributo 4 incontri ⎪ € 50,0
Materiali Piena libertà, ma potete trovare qualche consiglio QUI
Feedback dall’insegnante L’insegnante fornirà un link dove i corsisti potranno inserire le foto dei lavori. I lavori verranno corretti e commentati in diretta zoom durante la lezione successiva. I lavori realizzati durante e dopo l’ ultima lezione sarà commentati per mail.
Modalità Il corso si svolgerà online in diretta privata tramite la piattaforma Zoom. Ad ogni lezione verrà fornita agli iscritti la password per accedere. Gli iscritti dovranno essere in possesso di un dispositivo (computer o tablet) e di un collegamento veloce a internet (ADSL o fibra). Se per qualsiasi motivo non si possa trasmettere on line, verrà indicata una nuova data.
A Parigi dal 2007, fin dalla gioventù il disegno, la pittura e lo studio della storia dell’arte sono per me una vera passione. Artista, grafico, autore di fumetti, insegnante di disegno, di storia dell’arte e architetto professionista, pratico il disegno in tutte le sue forme, dal fumetto, all’illustrazione, alle arti grafiche. Come “Urban Sketcher” (disegnatore urbano su carnet) riporto il mondo che mi circonda sui miei quaderni, inseparabili compagni di viaggio. Forte di molte collaborazioni con artisti, istituzioni e con gli.le appassionat.e.i dalle arti, considero la pratica artistica collettiva come un momento di incontro dove posso condividere le mie conoscenze.
Sketching a una interessante lezione tenuta da Donatella Calabi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi. Il tema, Rialto, il cuore pulsante della storia e delle dinamiche sociali ed economiche della città di Venezia. Oggi il quartiere d Rialto soffre di una profonda crisi, soffocato dal turismo e dalla mancanza di una visione per il suo futuro. Possiamo aiutare Rialto e tutta Venezia, seguendo le iniziative delle sue associazioni come Progetto Rialto.
Il municipio unisce le forze con i quartieri per incoraggiare le iniziative della società civile. Cités Unies France lancia un progetto con il sostegno dell’Unione Europea e del Ministero degli Affari Esteri.
In collaborazione con @photos simone giovetti
Un fumetto istituzionale commissionato dall’Associazione Cités Unies France in collaborazione con il comune di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana.
Il municipio unisce le forze con i quartieri per incoraggiare le iniziative della società civile. Cités Unies France lancia un progetto con il sostegno dell’Unione Europea e del Ministero degli Affari Esteri.
POVEGLIA (VENEZIA) 2022 Sketch da fotografie e pagina di note su quaderno Penna a gel d’inchiostro, matita, inchostro di china, pennarello
Sketch dell’isola di poveglia, da fotografie, disegnati di getto durante l’assemblea dei cittadini di venezia che si battono per la protezione di poveglia , della città, delle isole, della laguna e della terraferma.
La lotta continua per mantenere in vita La Clef, l’ultimo cinema associativo di Parigi, minacciato di espulsione. Per sostenere la lotta di questo faro della cultura nel quartiere latino di Parigi, ho visitato questo magnifico cinema e ho fatto questo reportage a fumetti. Vieni alle proiezioni gratuite e partecipa al dibattito e all’organizzazione della resistenza.
I ricercatori del progetto Heteropolitics incontrano a Padova la Rete Beni Comuni e la cittadinanza sabato 22 gennaio 2022.
In preparazione all’incontro, un contributo scritto da Maria Desiderio, Valentina Romanin e Alessio Surian.
“Le energie di cambiamento mosse dal sistema dei beni comuni fermentano e si agitano soprattutto in due sfere del nostro presente storico. Primo, in una pluralità di lotte sociali, movimenti e iniziative civiche, che si battono per i beni comuni contro vecchi o nuovi recinti, creando attivamente nuovi beni comuni, pratiche e spazi; e spesso si coalizzano e mobilitano esplicitamente sotto il termine ombrello di “beni comuni”. In secondo luogo nelle nuove tecnologie digitali e in Internet: non solo hanno permesso la produzione di nuovi beni comuni digitali, come il software libero (Linux ecc.) e Wikipedia. Hanno generato, probabilmente, un nuovo modo emergente di produzione, che può essere in grado di innescare una transizione storica verso una società basata sui beni comuni.” Da HETEROPOLITICS. Refiguring the Common and the Political
Heteropolitics è un progetto di ricerca collettiva euromediterranea che ha avuto luogo tra Italia, Spagna e Grecia fra il 2018 e il 2020. Si è dato l’obiettivo di affrontare l’ampio e articolato tema dei beni comuni e di come le pratiche ad essi legate abbiano un peso di reale trasformazione all’interno di sempre più rigide logiche di controllo sociale.
Il progetto si è sviluppato partendo dalla necessità di riconfigurare e ridefinire, dunque, il concetto stesso di politica: hetero in greco vuol dire proprio altra. Pensare un’altra politica partendo dall’indagine sul Common(s): i beni collettivi democraticamente condivisi e co-gestiti e il potenziale cambiamento concreto che essi comportano sono stati il fil rouge dell’intero lavoro di ricerca sia nel suo impianto teorico che in quello più concreto, costituito dal focus su alcuni casi studio presi in esame in ciascuno dei tre Paesi.
All’interno del progetto Heteropolitics, Alexandros Kioupkiolis ha analizzato i tentativi di combinare una potente capacità di azione collettiva con una politica di uguaglianza e processi decisionali inclusivi, differenziando quindi i significati e le modalità della leadership. Una questione chiave è come la leadership possa essere collettivizzata, equamente distribuita e guidata da molti e dal basso.
Kioupkiolis osserva che (a) l’approccio organizzativo chiave attraverso il quale l’attivismo contemporaneo cerca di collettivizzare il potere politico sono assemblee aperte quali sedi dei processi decisionali; (b) i media digitali contemporanei hanno permesso una tecnopolitica che rende “comune” la leadership dando alle persone comuni la possibilità di avviare, comunicare e coordinare azioni di massa indipendentemente da posizioni di leadership e da altri mezzi tradizionali di comunicazione; (c) specifici dispositivi istituzionali e pratiche organizzative possono imporre una maggiore trasparenza e sollecitare la costante responsabilità personale dei leader nei confronti delle loro comunità, che rimangono così i luoghi fondamentali del processo decisionale e contribuiscono a generare impegno in progetti collettivo di cambiamento. Tali dispositivi includono mandati determinati e vincolati, l’uso del sorteggio e della rotazione per distribuire i vari compiti da assegnare (per esempio per gli incarichi di portavoce e i ruoli di coordinamento), la revocabilità dei ruoli; (d) affrontare le asimmetrie di potere insistendo sulla chiarezza e sulla riflessività della leadership; (e) l’idea di sottoporre le proposte di politiche e di azione al consenso popolare piuttosto che imporle dall’alto; (f) la “femminilizzazione della politica” con l’empowerment e l’inclusione delle donne nella leadership politica.
Come possono contribuire i beni comuni a riconfigurare le politiche democratiche?
I beni comuni sono eterogenei, complessi e tra loro interconnessi: pur potendo dividere i beni comuni in naturali e culturali (o anche: materiali e immateriali), non va perso di vista come in ogni bene comune vi sia una doppia componente (materiale e immateriale). Per la comprensione dei fenomeni sociali e delle pratiche attuate in diverse nazioni europee è necessario che vi sia interazione tra l’ambito politico e altri approcci come quello antropologico ed etnografico.
Questa modalità caleidoscopica offre opportunità per includere nella stessa cornice esperienze molto diverse tra loro: dalla sperimentazione di pratiche sociali inclusive e auto organizzate intorno a un bisogno comune, come quelle portate avanti nel complesso contesto urbano di una metropoli come Barcellona in cui le comunità tra loro eterogenee partecipano direttamente allo sviluppo; alla sostenibilità e all’accessibilità di beni comuni basati sulla cura e sulle relazioni; a nuove forme di cooperativismo come quelle di Karditsa in Grecia; o la sfida del gruppo Sarantaporo.gr di portare una rete wireless gratuita accessibile e democratica sviluppata collettivamente in un territorio naturalisticamente impervio, sempre in Grecia. Infine il percorso politico e sociale che si è sviluppato in Italia a partire dalla campagna referendaria sull’acqua bene comune, che tutti conosciamo, e che ha fatto germinare molteplici strade con un’importante riflessione sul tema della gestione degli spazi e di come le comunità possano sperimentare nuove forme di autogoverno.
La strada per una democrazia nuova, per un’altra democrazia appunto più orizzontale e inclusiva, è certamente un percorso impervio, difficile, ma necessario: è auspicabile che ricerche come quella di Heteropolitics si moltiplichino eccedendo un ambito strettamente accademico, e che possano essere una fonte e uno spunto ulteriore per i movimenti sociali e per tutte le comunità che nel concreto, quotidianamente, praticano il bene comune spinti dal desiderio di contribuire al cambiamento.
I rapporti di ricerca e gli articoli del progetto sono disponibili sul sito heteropolitics.net.
Giardini delle Tuileries con uskparis . Torna a disegnare su un carnet.
Giardini delle Tuileries Disegno Urbano (Urban Sketching) Penna, Pennarelli, Inchiostro di china, Acquarello, Matita su carnet et carta da acquarello A5 Agosto 2021
Giardini delle Tuileries con uskparis . Torna a disegnare su un carnet.
Con le illustrazioni della famiglia Breccia (padre e figlio) e una sceneggiatura di Oesterheld, un fumetto sul Che fu pubblicato pochi mesi dopo la sua morte.
8 ottobre 2017 • Tradotto dallo spagnolo da EDB • Lingua originale : espagnol
Nel 1967, poco dopo la morte di Che Guevara in Bolivia, Héctor Oesterheld raggiunse mio padre, Alberto Breccia, e me per dirci che l’editore Carlos Pérez (che aveva lavorato per Eudeba come capo della produzione del Centro Editoriale Latinoamericano) e che era a sua volta impiegato dall’editore Jorge Álvarez, gli aveva commissionato un progetto che si sarebbe chiamato “Biografie”; 12 libri in formato fumetto di circa 70 pagine.
Héctor e Pérez avevano già una lista di personaggi che avrebbero composto la collezione: Sandino, Fidel Castro, Pancho Villa, Simón Bolívar, Tupac Amaru e altri, ma fu deciso che il primo libro sarebbe stato “La vita del Che”.
Enrique Breccia (nato nel 1945)
Volevano farlo il prima possibile, perché Pérez era entusiasta dell’idea che sarebbe stato il primo fumetto realizzato dopo la morte del Che.
Noi tre eravamo d’accordo che mio padre avrebbe fatto la prima parte, la più documentata storicamente, e che avrebbe coperto il periodo dalla nascita di Guevara alla sua partenza per il Congo. Sarei incaricato di illustrare “Il libro del Che in Bolivia”. Nella prima parte, la narrazione è in terza persona. Nella parte che ho illustrato, il Che “parla”, poiché è basato sul suo Diario.
Vale la pena menzionare che le pagine riprodotte in questo articolo sono in italiano, poiché questa è l’unica edizione che ho a portata di mano.
Una pagina disegnata da Alberto Breccia, dall’edizione italiana
Siccome nella storia Héctor immaginava che le parti di ciascuno sarebbero state intervallate, era necessario che lo stile di disegno fosse assolutamente diverso per aiutare il lettore a distinguere – anche dal punto di vista visivo – le fasi distinte attraverso cui passava il personaggio.
Nell’edizione italiana che ho io, la storia è divisa in parti intitolate: BOLIVIA – ERNESTITO – EL CHANCHO (che era il soprannome del Che in gioventù) – EL CHE – SIERRA MAESTRA – HIGUERAS. Ma non ricordo se questo era il caso nell’edizione originale.
Enrique Breccia ha illustrato la tappa boliviana della vita del Che, con uno stile grafico molto diverso
Lo stile di mio padre era più tradizionale e descrittivo, mentre il mio, per il quale approfittavo della xilografia che facevo all’epoca per conto mio, era più espressionista, contraddistinto dai violenti contrasti fatti in bianco e nero puro, senza uso di grigio. Questo “stile” si prestava maggiormente alla violenza della battaglia e all’oscurità crescente della storia con l’avvicinarsi della morte.
Il corpo del Che sarà sepolto senza croce né lapide nella Valle Grande (disegno di Enrique Breccia)
Ricordo che dopo molte discussioni, Héctor accettò di scrivere due sceneggiature di 35 pagine ciascuna, una per mio padre e l’altra per me. Erano sceneggiature molto semplici dove erano inclusi solo i dialoghi, ma senza le solite “descrizioni grafiche” di qualsiasi fumetto, per lasciarci totale libertà creativa.
Un’altra pagina di Alberto Breccia
Non ho guadagnato un solo centesimo per le mie 35 pagine, perché, per ottenere l’effetto xilografia, ho disegnato su cartone intonacato spesso tre millimetri. Quasi senza usare la matita, ho applicato l’inchiostro di china nero con un pennello spesso, poi l’ho raschiato via con la punta di un coltello. Queste erano tavole inglesi molto costose, e quello che mi veniva pagato per pagina era meno della metà di quello che spendevo per foglio.
La xilografia, con i suoi contrasti di bianco e nero, quasi senza alcun grigio, era la tecnica usata da Enrique Breccia. Qui, il momento in cui il Che viene ferito e catturato
L’unica documentazione che avevamo era una copia del giornale cubano Gramma. Era molto utile per mio padre che doveva disegnare luoghi e personaggi reali. Non mi ha aiutato perché la faccia di Guevara è molto semplice da disegnare, e tutto il resto era giungla, fuoco e furia.
Sono stati tre mesi di lavoro continuo, adrenalina pura e discussioni frequenti. Héctor ha protestato che stavo rendendo i contadini boliviani troppo brutti (livido è la parola che ha usato) e io gli ho detto che non stavo disegnando un western dove tutti sono belli. Ma gli ho anche detto che lo facevo deliberatamente dopo aver saputo che in dieci mesi di campagna non un solo contadino si era unito alla sua colonna. “Stai diventando matto! Chi ti credi di essere, il reclutatore di Guevara?” ha risposto con rabbia.
Confronto con i soldati boliviani (di Enrique Breccia)
Naturalmente, aveva ragione. Senza rendermene conto, mi sono lasciato “conquistare” sempre più dal personaggio man mano che il progetto procedeva. Non solo perché avevo 21 anni ed era un momento di grande fermento politico, ma anche perché, ideologicamente parlando, mi definivo peronista, ma avevo da poco lasciato Tacuara e, all’epoca in cui facevo il Che, ero nella Federazione Grafica di Buenos Aires, la “lotta e ritorno” e tutto il resto: ero uno “spezzatino” politico con le gambe.
Héctor Oesterheld (1919-1977), l’autore della sceneggiatura della Vita del Che a fumetti
Ma quando Héctor mi ha chiesto perché stavo disegnando questo fumetto, ho risposto senza esitazione “perché sono peronista”. Credo che qualcosa di simile sia successo a Héctor in relazione al Che, anche se almeno con me non si è mai definito politicamente. Mi disse che ciò che ammirava in Guevara era il suo impegno politico e la sua coerenza, e quindi la passione che metteva nello scrivere la sceneggiatura era evidente. Mi ha detto: “Voglio che ci sia poesia nei combattimenti”, e certamente ha raggiunto il suo obiettivo. Inoltre, ammirava il Che come scrittore. Era convinto che il “Diario della Bolivia” del Che fosse un capolavoro.
Sono passati cinquant’anni, eppure ricordo molto bene ogni giorno di lavoro e ogni conversazione, perché, man mano che progredivo, mi immedesimavo sempre più nel personaggio; le immagini – senza volerlo, perché la frenesia non lasciava tempo alla riflessione intellettuale… – diventavano sempre più estreme dal punto di vista grafico, e oggi mi sembra che non sia un caso che abbia usato un coltello per disegnare.
Catturato, il Che attende la morte (di Enrique Breccia)
D’altra parte, la preoccupazione maggiore di Pérez era che la differenza di stile avrebbe reso la storia incomprensibile, ma noi tre finimmo per convincerlo del contrario, e poi il successo di vendite ci diede ragione.
Il trionfo della rivoluzione cubana (disegni di Alberto Breccia)
Álvarez disse a Héctor che, date le condizioni politiche del paese, sembrava più sicuro non fare il suo nome, ma lui rifiutò categoricamente. Non ricordo quale fosse la posizione di mio padre, ma mi piaceva la posizione di Héctor e, lasciandomi trasportare dall’eccesso – cosa che la mia giovinezza spiega, ma non giustifica – chiesi ad Álvarez se potevo firmare le mie 35 pagine una per una perché ero così orgoglioso del mio lavoro, ma lui rifiutò, dicendomi giustamente che i nostri nomi sulla copertina erano sufficienti. In realtà, o quello che è successo, è che non lo consideravo un semplice “lavoro”, tanto che dopo di allora, nessun altro fumetto è riuscito a farmi sentire così profondamente e totalmente coinvolto a tutti i livelli, e nessun’altra opera ha lasciato in me un segno indelebile che non è diminuito un po’ in mezzo secolo.
Alberto Breccia (1919-1993)
Non appena il numero è apparso nelle edicole, il giornale La Nación ha pubblicato un editoriale intitolato “Confusione”, in cui metteva in guardia dai pericoli della cattura ideologica. È curioso che un giornale conservatore abbia visto chiaramente ciò che gli editori di fumetti non hanno visto: il potenziale di penetrazione massiccia del genere come veicolo di diffusione delle idee.
L’esercito ha fatto irruzione nella casa editrice, sequestrando tutti gli originali e non abbiamo mai scoperto che fine hanno fatto. Tuttavia, qualche tempo dopo, un alto membro della redazione di Atlántida che era amico di Guillermo Borda, ministro dell’interno di Onganía, mi assicurò che questo funzionario aveva incorniciato nella sua casa una pagina composta da due miei disegni, in cui il Che ordinava al suo boia di sparare.
La pagina di Enrique Breccia, il cui originale è stato conservato da un funzionario di Onganía
Dato che sono state dette molte sciocchezze su questo, è necessario chiarire che nessuno dei tre è stato minacciato, a parte qualche telefonata che avrebbe potuto fare qualsiasi idiota.
La mia ammirazione per il Che era sempre in contraddizione con il fatto che non era più argentino politicamente, che non era capace di capire il generale Perón e che non si univa a lui strategicamente.
La guerra fredda è accentuata dalla limitazione dell’autonomia dei paesi periferici (pagina di Alberto Breccia)
Vorrei anche sottolineare che in seguito il caro Héctor non è scomparso per il suo lavoro di fumettista, ma per la sua militanza nei Montoneros. Questo non ha niente a che vedere con la Vita del Che, ma, per amicizia, mi sento in dovere di chiarirlo, perché c’è molta confusione al riguardo che, secondo me, sminuisce il valore del suo sacrificio e quello delle sue quattro figlie.
Il libro, oltre che in Argentina – parlo solo delle edizioni legali, dato che edizioni “pirata” sono state e sono ancora in circolazione in molti paesi – è stato pubblicato in Spagna, Italia, Francia, Germania, Croazia e Grecia, e sono appena stato informato che per questo anniversario sta uscendo un’edizione in Portogallo. Tuttavia, e chissà perché, il regime cubano non ha mai autorizzato la sua pubblicazione sull’isola. Introduzione all’edizione originale del 1968
Negli ultimi anni, fortunatamente, si sta distruggendo l’idea elitaria che il fumetto sia una lingua bastarda, una letteratura inferiore. È sempre più chiaro che il fumetto contiene una dimensione estetica assolutamente originale, e che è anche uno dei linguaggi più potenti e importanti nati nella società industriale. Nei media, Che Guevara è stato immediatamente trasformato in un personaggio romantico, in un supereroe: una legge inesorabile, forse, della comunicazione di massa, un produttore per eccellenza della mitologia contemporanea. Il progetto di trasformare la vita del Che in un fumetto è quindi, in un certo senso, un commento e un riconoscimento dell’importanza di questa legge nella nostra società e senza dubbio susciterà interesse, sorpresa e polemica.
Trovando i segni del fumetto, l’immagine del Che si integra nel linguaggio che più ha contribuito a popolare il pantheon delle figure mitologiche della società di massa. Ma non dobbiamo dimenticare che la nozione di mito non ha un significato peggiorativo nella moderna scienza della comunicazione. È, semplicemente, sinonimo di ideologia. E l’ideologia, lungi dall’essere scomparsa come alcuni hanno sostenuto, non è altro che il sistema di significati che alimenta i processi di azione e orienta, nel mondo attuale, i movimenti sociali. E. V.
Alcune pagine dell’edizione originale del 1968
Edizione originale e riproduzioni Ediko, 1968, Argentina (edizione originale) Ikusager, 1987, Spagna (prima ristampa) Fréon, 2001, Francia, (prima edizione in francese)
Fonte : articolo tradotto e pubblicato sul sito web En dehors de la boîte
Ho realizzato questa serie di 5 sketch su carnet in diretta al Grand Palais di Parigi, durante la mostra dedicata a Diego Velázquez (1599-1660), figura di spicco nella storia dell’arte, senza dubbio il più famoso pittore della cosiddetta età dell’oro spagnola.
Scopri la Storia e le opere di Diego Vélazquez iscrivendoti al mio WebinAr(t)
La mostra che si è svolta nel 2015, ha messo il lavoro dell’artista in dialogo con un buon numero dipinti di artisti del suo tempo che ha probabilmente conosciuto, ammirato e di cui è stato influenzato.
Interessanti anche le variazioni di stile e di soggetto tra le prime composizioni di Velázquez, la transizione dal naturalismo a Caravaggio, come la sua uguale capacità di eseguire paesaggi, ritratti e dipinti di storia.
Questa mostra è stata organizzata dalla Réunion des musées nationaux – Grand Palais e dal Musée du Louvre di Parigi in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Curatore: Guillaume Kientz, curatore del Dipartimento dei dipinti del Louvre. Scenografia: Atelier Maciej Fiszer
La mostra è stata sostenuta dal gruppo Sanef e dal Credit Suisse.
2019, Da poco avevo deciso di riprendere a pieno ritmo una riflessione sull’arte del fumetto. Composizione, colore, profondità, scelte cromatiche ma soprattutto gli aspetti della sequanza narrativa. Belle ispirazioni (e un po’ d’invidia), da Catherine Meurisse a Alberto Breccia, dall’arte della Stampa, indissolubile rispetto al processo creativo, all’umorismo femminista di Posy Simmons.
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